venerdì 19 novembre 2010

cucina


della sua infanzia in fondo era ciò che ricordava più chiaramente. altri ricordi erano offuscati dagli anni, si perdevano ora nella sua testa in torbide immagini avvolte da riverberi di luce tenue, come quando si guarda un vecchio filmino girato con le prime telecamere digitali, sempre con le immagini sfocate e buie.
ma anche adesso il pavimento della cucina di quand'era bambino era lì davanti ai suoi occhi, nitido, con il marmo tipico dell'italia anni '70, costellato dagli spaccati delle pietre multicolori. carlo rimaneva nella stanza mentre sua madre sfaccendava ascoltando la radio. la casa non era grande e lui se ne stava lì seduto al tavolo, con le gambette che appena sfioravano per terra, appollaiato sulla sedia mentre provava svogliatamente a fare i compiti delle scuole elementari, costantemente timoroso di essere sgridato per qualche inadempienza.
sempre e in continuazione fissava il pavimento. come per evadere da quella cucina, schiantata dalla luce bianca del lampadario sopra il tavolo, con i mobili bianchi e i pomelli color legno e l'odore di sugo e soffritto che si era ormai impregnato nelle pareti.
conosceva ogni piccolo dettaglio del pavimento intorno al suo posto, attraversava con la fantasia i disegni immaginari suggeriti dalle venature e dalle pietre colorate. era una distesa di animali esotici, di personaggi caricaturali, di congegni che potevano funzionare solo nella sua testa e chissà poi a cosa potevano servire... si chiedeva se solo lui vedesse tutte quelle storie e avventure, si chiedeva se per sua madre e per il resto della famiglia quello non fosse nient'altro che un semplice pavimento di una cucina e fosse lui l'unico, bambino, a perdersi in quegli anfratti nascosti.
ogni volta che veniva sgridato, ogni volta che assisteva ad un litigio, ogni volta che sua madre era silenziosa e cupa, lui si rifuggiava nelle piastrelle in compagnia del pappagallo e della ruspa.
carlo si accorse che era quello l'unico ricordo continuo della sua infanzia, l'unico che emergesse spontaneamente.

si fermò a riflettere.

provò a scorrere nella sua memoria, come fosse uno scroll di dati e file.
poi si ricordò anche delle serate, rare, di allegria, in cui si rideva a crepapelle prendendosi in giro in famiglia e lui si rotolava letteralmente sul pavimento mentre quasi piangeva e soffocava dal ridere. erano serate afose di agosti torinesi, il giorno dopo non c'era scuola, si mangiava tardi e si giocava a pinnacola.
ma si dovette fermare e concentrare per far riemergere quei momenti

2 commenti:

  1. era il mio mondo. se chiudo gli occhi rivedo ancora le mie forme, imprigionate nel pavimento di una casa che non abito più da vent'anni. quando tentavo di spiegarle a mia madre lei per tutta risposta mi misurava la febbre :)
    baci da casagè, aspettiamo buch in questi giorni

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