mercoledì 6 ottobre 2010

gelatina


estate 2006, sardegna. E era lì per qualche giorno di mare, indeciso sulle vacanze era arrivato in costa smeralda con l'idea di farsi ospitare a turno da vari amici che trascorrevano lì l'estate. il periodo zen era ancora nascosto nel futuro e E si godeva, inconsapevole, quelli che sarebbero stati gli ultimi tumulti della sua irruenza giovanile. fu in realtà una vacanza separata, abbastanza lontana dalla frequentazione mondana dei locali e dalla vita che caratterizza quel tratto di costa. serate passate a chiaccherare con gli amici vecchi e nuovi, serate in spiaggia o semplicemente in giardino a grigliare pesce. giornate al mare, a nuotare nelle calette, a guidare per le stradine una vecchia citroen mehari...

gli ultimi due giorni li passò da A, anche lei inconsapevole dei cambiamenti che presto l'avrebbero travolta. era lì con il suo ragazzo e la compagnia di amici. presto l'avrebbe scaricato, si sarebbe trasferita a roma e si sarebbe sposata con L, conosciuto proprio lì, sulle spiagge. ma al momento A stava ancora pensando ai costumi billabong e alle magliette carhartt, ad andare in tavola d'inverno e a provare il surf d'estate. E li raggiunse in spiaggia, con amici e amiche comuni, tutti di torino, tutti ospiti da A.

Verso il tardo pomeriggio, quando il sole smise di essere incandescente, E tirò fuori dal portafoglio una piccola gelatina quadrata, sottile come un francobollo e circa di 2 mm di lato, e senza farsi notare se ne mise in bocca metà. subito questa si sciolse. aspettò circa 40 minuti, giusto per vedere come il suo organismo reagiva, poi prese anche il rimanente. sapeva che in pieno pomeriggio sotto il sole a picco non sarebbe stato un buon momento, ma ora, con il vento leggero, il mare davanti, l'aria tiepida e soprattutto un tramonto che non si sarebbe fatto aspettare, la situazione sembrava ideale. E non aveva mai preso un acido, anche se aveva una discreta esperienza di sostanze psicotrope. c'era stata anche qualche serata ludica a fare il cazzone condita di eccitanti di diversa natura, ma era più interessato all'esperienza dentro il sè, al mutamento della realtà e della propria coscienza: ogni tanto si recava sulla collina torinese o in montagna a fare lunghe dissertazioni con i funghi, le piante del potere come le chiamava castaneda (e proprio come castaneda ne scoprì poi molto più avanti l'inutilità effettiva...)

iniziò a sentire la sabbia sotto di sè. iniziò a rotolarsi fra le piccole dune della spiaggia. infilava le braccia, arrotava le gambe, ora prono ora supino. era una sensazione nuova, confortevole, avvertiva ogni singolo granello tiepido al contatto con la sua pelle che si era fatta ora più intensa. guardò il cielo e si perse fra le nuvole e le loro spirali auree, continuamente i lembi vaporosi si attorcigliavano vorticosamente, si disperdevano e si ricomponevano davanti a lui intersecandosi con il blu del cielo. aveva la consapevolezza che stava osservando giochi sensoriali del suo cervello, ma pensò che in effetti le nuvole non avevano confini netti e definiti come le immaginiamo sempre, ma che sono ambigui e continuamente in interscambio con l'atmosfera: sono in perenne mutamento.
ormai si sentiva a suo agio nella nuova condizione ed emerse un violento moto sessuale. strano, diverso dai desideri che provava normalmente, lontano dai canoni estetici da cui era solitamente attratto. desiderava ora una ragazza robusta, dalle gambe forti e tozze, come una massaia di campagna. non favoleggiava di curve suadenti e sorrisi maliziosi, ambiva ora ad una fisicità concreta, priva di erotismo ma in qualche modo più vera. sorrise a questi pensieri, immaginandosi a corteggiare una contadina fra i campi di grano... si alzò e si immerse nel mare per rinfrescare i bollori del corpo e delle fantasie, attento a non allontanarsi troppo dalla riva. rimase a gozzovigliare sul bagno asciuga mentre il blu nel cielo lentamente perdeva d'intensità per farsi sopraffare da delicati bagliori rosa, via via sempre più vivi, fino al fiammeggiare rossastro del tramonto.

attraversò con gli amici la rada, indomita e indifferente vegetazione dietro la spiaggia, poi si diressero tutti verso casa dove E fece una doccia in giardino e si distese nel prato pieno di fiori avvolto dall'asciugamano. l'acido saliva e scendeva con lunghi cicli, a tratti era leggero, ora gli martellava ansiosamente le tempie. era fuori dal mondo.

arrivò il momento della cena, E con una scusa evitò di sedersi a tavola, si coricò su una sdraio e mangiucchiò dei fichi. in realtà non gli erano mai piaciuti, ma ora quella polpa intensa, rossiccia e lussureggiante lo attraeva. da quella posizione, come se fosse invisibile, quietamente osservò la comitiva che desinava sotto il porticato, aspettando pazientemente il lento ritorno alla lucidità.

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