mercoledì 31 marzo 2010

AL.


si trovava in una posizione leggermente in disparte rispetto al villaggio, come se ne fosse un'intima appendice. non si poteva certo dire fosse ben visibile, così incastonato sotto la riva della collina, eppure la sua presenza non era discreta. poteva sembrarlo, ad una prima occhiata, ma si percepiva letteralmente un fascino afrodisiaco che catalizzava irrimediabilmente l'attenzione verso esso.

era quasi privo di ornamenti e di decori, non era particolarmente alto, praticamente sgombro di torri, se non fatta eccezione per quei 2 piccoli pennacchi ai lati dell'ingresso che sembrava ti guardassero. e non con occhio umano, ma in una maniera che per definirla esattamente non è sufficiente un linguaggio descrittivo dello scibile. perché lì davanti subito si avvertiva la fragilità della propria persona, si veniva catapultati nei vicoli più bui del proprio io, dove si aveva paura di scoprire quale demone vi fosse nascosto in fondo. no, non si era a disagio ma ci si sentiva come trapassati da quello sguardo acuto, ammaliante, forse un po' ammiccante, eppure sornione, inafferrabile e invalicabile. erano solo 2 pennacchi certo, ma per fortuna i pennacchi possono per loro natura solo osservare e non parlare perché molti avrebbero potuto avere paura di quello che avevano da dire...

il monastero si sviluppava ai lati dell'ingresso che era rivolto verso il villaggio, ma un po' di sbieco, quasi fosse partecipe al susseguirsi dei fatti e dei piccoli sogni delle esistenze che inscenavano le commedie e i drammi quotidiani, ma contemporaneamente non badandoglici del tutto, come se quegli eventi dovessero andare per la strada loro senza troppe apprensioni.

che forma avesse nessuno lo sapeva bene. al villaggio, quando all'osteria erano già girati un po' di fiaschi di rosso e i frequentatori erano ben più che alticci, qualcuno provava a disegnare al viandante di turno la traccia delle mura. ma subito si levavano discussioni sull'esatto percorso della cinta, se quella rientranza fosse prima o dopo quell'angolo o sull'esatta posizione di quel tratto rispetto al torrente...

tutto ciò che riguardava il monastero era nebuloso, sfuggente.

non l'ambiguità lurida dell'umano che non si sa se menta o dica il vero, ma il mistero del divino, la cui la verità non è messa in dubbio ma che difficilmente può trapelare.

imperscrutabile criptata impenetrabile

semplicemente osservando il monastero si veniva subito rapiti delle lunghe mura, lisce, di una pietra grigia calcarea che da sola pretendeva di essere testimone del tempo, con i blocchi meticolosamente assemblati, posti lentamente, quasi ritualmente l'uno sull'altro, per dar vita a sfuggenti geometrie, a piccoli anfratti o nicchie che nel loro susseguirsi si perdevano su per la collina. ogni spazio, ogni cortile interno, ogni finestra era il frutto di secoli di vite, ogni cosa trovava radici nelle profondità del tempo e da quelle epoche remote sembrava essere arrivata ancora più vivificata. come quelle zone irraggiungibili del mondo rimaste incontaminate dall'uomo, in cui la potenza primitiva della natura si esprime in reti autopoietiche solo
apparentemente caotiche, per rivelare poi segrete organizzazioni in geometrie frattali non lineari, in cui ogni struttura biologica viene conservata proprio tramite il rinnovamento e l'iterazione con le altre strutture: una bellezza sensuale che affonda le proprie radici nell'evoluzione dal passato per esplicarne una nuova forma nel presente.

ma non fraintendiamo. tutti in realtà conoscevano il monastero. spesso qualcuno vi entrava e le attività che si svolgevano erano note a tutti. lo studio dei testi, i mantra, le pratiche, i momenti di convivialità fra i monaci e i laici. ecco, la vita stessa del monastero era conosciuta. solo nessuno poteva affermare con certezza che non vi fosse nient'altro. nessuno sapeva se ciò di cui era a conoscenza fosse tutto quello che c'era da sapere o invece un'infinitesima parte. l'inafferrabilità della struttura dell'edificio era l'esatta rappresentazione dell'inafferrabilità del sapere stesso che era custodito fra quelle mura.

si favoleggiava di antiche pratiche tantriche, di potenti forme di contemplazione capaci di arrivare in fondo al percorso di consapevolezza della coscienza , di iniziati che avessero raggiunto il samadhi, di monaci che fossero in meditazione da decenni...

ma in fondo potrebbero essere solo voci, forse dietro quelle mura non vi erano profondi significati mistici ma solo una quotidianità meccanica, un raccoglimento frutto dell'isolamento dal mondo e non della sua più profonda comprensione.

ancora oggi ci si chiede se il silenzio sui reconditi misteri del monastero siano dei silenzi volti a nascondere quello che c'è dentro o se semplicemente non ci sia mai stato nulla da dire

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