mercoledì 27 maggio 2009

strade



le strade ti portano in strani posti. a volte percorri brevi tratti, a volte sono vicoli ciechi. possono essere con saliscendi e curve strette. oppure ti puoi allungare su sterminate strisce d'asfalto che tagliano il paesaggio piatto per chilometri e chilometri. ti puoi anche trovare in mezzo a labirintici incroci con rampe, cavalcavia e svincoli, così annidati su se stessi che non sai più dove andare. tutti i viaggiatori concordano però che il fine del viaggio non è la meta, ma il viaggio stesso.
oggi sono un po' così, di buon umore, ma stranito.

martedì 26 maggio 2009

casa



sono ormai mesi che cerco casa e rimpiango l'età dell'oro della fanciullezza quando il mio immaginario poteva prender forma grazie al LEGO. ore interminabili a montare e smontare improbabili costruzioni grazie ai multiformi mattoncini ("improbabili" perchè non avevo ancora visto gli incubi tridimensionali di Fuksas...). ho provato a cercare dei mattoncini giganti, ma niente da fare, la fantasia non è più quella di un tempo: a 8 anni i cavilli kafkiani di ristrutturazione, gli allacciamenti, gli isolamenti, le agenzie e gli atti notarili non rientravano nell'avventurosa storia degli omini_lego con cui passavo i pomeriggi...

B., il mio coinquilino nonchè grande amico nonchè giovanissimo candidato alla SACRA GUIDA DELLA DINASTIA DELL'ORDINE degli ingegneri edili torinesi, poveretto, non ne può più: mesi di martellamento stile lotta al terrore con relativo bombardamento di domande. ora quando porto una planimetria in casa la nascondo per non turbarlo. almeno nei primi 5 minuti.

dopo aver visto le case più assurde e aver valutato i costi per adeguarle a idee visionarie, al momento sono fermo su un fantastico alloggio senza finestre e con un buco in mezzo, tipo mentina Polo.

nel frattempo visto il cielo scuro scuro che si è addensato sopra la mia zucca spero che non si scateni il temporale: nella casa che ho già ho pensato bene di lasciare le finestre aperte e lo stendino sul balcone...

lunedì 18 maggio 2009

dentro




fuori
è una bella giornata.
dalla finestra osservo le persone camminare. camminano in tondo, seguendo larghi percorsi circolari, costeggiando i lati del cortile. più e più volte, ritornando sempre da dove erano partiti. così in tutti i cortili.
le sbarre di metallo dalle strutture geometriche che attraversano le finestre spezzano la luce del sole. mi volto e proseguo per il lungo corridoio, salgo di nuovo le scale. sembra un ospedale in fondo, ma un ospedale sventrato, scarnificato, spoglio di tutte le rifiniture. tutto qua è ferita viva: gli spigoli, gli scalini, le porte, i neon. non esistono piastrelle, niente rivestimenti, niente pavimenti.

l'atmosfera è dura, pacata, lenta. è come quando si assiste ad un avvenimento violento: si vive quell'attimo in modo rallentato, come se stesse accadendo tutto naturalmente, veloce ma al rallentatore, con i suoni crudi che rompono il silenzio innaturale. ecco, quella sensazione qua è protratta, si è insinuata lentamente nei muri, nelle persone, nella luce opaca, fa parte del luogo stesso.

trovo F., mi fermo a parlare con lui. porta i segni di una vita di conflitti. ha l'aria giovanile benchè ogni centimetro della sua pelle sembri aver vissuto 2 vite. è alto e massiccio, capelli rasati, spalle larghe. ci sediamo nella sala da pranzo della sezione. porta il caffè e qualche pezzo di torta di mele fatta a mano. "ho dimenticato le tue poesie". lui sorride e mi fa cenno che non ha importanza, gliele porterò la prossima volta. dopo qualche frase di circostanza gli chiedo se ha mai amato davvero. con gli occhi azzurri sognanti e malinconici mi risponde: "una volta, la prima ragazza che ho avuto". aveva 14 anni e si era innamorato di una fanciulla del paese. ricorda tutti i dettagli, gli usi del tempo in una cittadina della puglia - sono passati 34 anni - rituali che oggi fanno tenerezza: gli appuntamenti, i genitori di lei, l'amore fugace...

3 anni dopo lui la lasciò, vedeva l'ombra del matrimonio, della stabilità, delle catene. la voglia di libertà, probabilmente la stessa voglia che lo ha portato qui oggi davanti a me, ebbe la meglio. si rividero anni dopo, tutti e due dispersi per le strade della vita. uscirono ancora un po' insieme, come vecchi amici, poi non si videro mai più, ognuno dietro alle proprie peripezie per la sopravvivenza.

gli mostro un libro di Castaneda che è lì nella libreria, è il primo: gli insegnamenti di Don Juan. "aspetta lì", mi fa. torna con il secondo volume, lo teneva in camera. "lì ho letti tutti, anche se non me li ricordo più bene".

F. mi va a genio. è un po' sconclusionato, non riesce a controllare i tumulti dei pensieri, come credo non abbia controllato i tumulti delle sue azioni, vola di qua e poi di là. ma che trasporto quando parla. è vivo. forse è così vivo perchè si sente morto. parla di cristo, del vangelo, della sua vita in giro per l'europa, dei suoi amori. e scherza. scherza sempre, forse perchè ogni volta che diventa serio pensa ai suoi demoni, sempre implicitamente lì con lui, nascosti dietro la sua ombra. li porta sempre appresso, attento a non mostrarli, ma si intuisce che ogni sera risalgono nei suoi pensieri più intimi.

ritorno



ci siediamo sulla lunga panca di legno che costeggia la rete con i cespugli. conosco quell'atmosfera, l'ho vissuta decine di volte, ha fatto parte di un lungo periodo della mia vita. è un'atmosfera onirica che si perde nei fumi dell'alcool e dell'alterazione, in cui ti immergi come una placida biglia che rotolando può rimbalzare qua e là contro altre palline nottambule, in uno strano gioco di contatti. è notte tarda , dietro di noi il Po' scorre tranquillo. questo genere di serate erano l'abitudine, ora sono sempre più rade, ma ogni tanto riemergono in quelle notti in cui proprio non si ha voglia di tornare a casa. da qualche settimana, da quando è finita con L. sono riemerse un po' più spesso. periodi della vita.

ci siediamo, F. ed io. F. non ce la fa più, barcolla, sfarfuglia qualcosa ogni tanto: tira fuori frasi taglienti in cui si schernisce del mondo e di se stesso.

Ci siediamo a fianco a Matteo, anche lui lì con un amico.
Matteo ha 31 anni, progetta e vende molle. e ama dostoevskij e i romanzi psicologici. Matteo si gira la sua canna. io passo, sono più attratto dalla nostra conversazione. è una conversazione che ha senso solo lì, solo a quell'ora, solo fra di noi. si parla della vita, delle aspettative, ci si comprende senza neanche esplicare tutto. probabilmente ci fossimo incontrati da un'altra parte, in un altro momento non ci saremmo neanche rivolti la parola. parliamo come se fossimo amici di vecchia data, parliamo di come ci si sente nel mondo. e siamo buttati lì, in riva al fiume, attorniati da sfattoni, cani sciolti, studentesse e liberi professionisti che si mescolano come in una sorta di rifugio, lontani dalla routine quotidiana, in una parentesi in cui quasi ogni distanza viene azzerata, ognuno lì a non fare niente, risucchiato forse da ore in quel mondo strano, di chi si sente un po' fuori posto ovunque ma che sempre si adatta alla vita. ma è una realtà a sè, in cui devi aver voglia di abbandonarti, in cui devi abbandonarti o altrimenti la magia scomparirà, è un posto che lascia spazio ai voli più alti ma in cui si perde contatto con il suolo. non ho più tutta questa fiducia nella vita ad alta quota, soprattutto quando l'accelerazione verticale è violenta, preferisco partire dalla solida terra, gettare delle fondamenta per poi salire con calma. ma un giro lassù ogni tanto può valere davvero la pena, pur sapendo che il mattino dopo lo schianto al suolo è assicurato. ma vale la pena per quelli come Matteo, per quelle converasioni fugaci, forse inutili, ma che hanno un qualcosa di estatico, e poco imorta se al mattino si dissolveranno.

si fa chiaro, è ora di tornare a casa. ci si saluta. la parentesi è finita, riporto a casa F., da solo non ce la fa di sicuro.

sabato 2 maggio 2009

ecco



ecco, questo spazio comincia a piacermi... una mattinata per inserire i primi post, sistemare la grafica, capire un po' come funziona. un piccolo spazio espressivo dove costruire e giocare durante le noiose giornate al lavoro, quando non ci sono clienti e si cazzeggia con internet o si fissa il vuoto guardando la realtà del negozio davanti come da dentro un televisore. spettatore dei clienti che mi guardano a loro volta, di sfuggita, cercando altri reparti.
ho un sogno nella vita: scrivere un libro. ma al momento non ho la costanza, la testa per farlo. un po' di palestra non può fare che bene.
un blog, un modo come un altro per soddisfare questo bisogno di comunicare che mi porto dietro, da sempre

s=vt



L'uomo ha fin dalle sue origini dovuto affrontare il problema dello spostamento, per migrare, per cacciare, per conoscere. Lo spostamento, il viaggio, è un attraversare lo spazio in un dato tempo: su queste 2 grandezze sono nati miti, leggende e racconti fantastici o di fantascienza.

Uno dei significati più radicati delle religioni, siano esse culture sciamaniche, monoteismi o filosofie non teiste, è l'illusorietà dello spazio-tempo e del nostro significato di realtà in genere, illusorietà dovuta alla nostra percezione dei fenomeni tramite il cervello e i sensi che creano un mondo emergente, il nostro mondo.


Da sempre si cerca di superare i limiti del viaggio tradizionale, cioè di accedere a luoghi e tempi lontani senza dover attraversare il normale arco temporale: nella concezione mistica i mezzi sono di tipo intuitivo attraverso la propria coscienza, rituali, visioni e meditazione. Per i nativi d'America era possibile percepire gli eventi a distanza "volando come aquile" o presagendo il futuro nei rituali propiziatori della caccia, per gli orientali tramite la profonda meditazione si può trascendere il corpo e entrare in unione con il tutto e accedere all'onniscienza dei fenomeni oltre il tempo e lo spazio. In tutte le culture le premonizioni, le predizioni o i ricordi di vite passate sono radicate profondamente. Oggi il pensiero razionale relega queste esperienze nella categoria delle "credenze" ma già negli anni '30 numerosi antropologi si resero conte dei limiti di questa visione: nel panorama italiano De Martino fu l'esponente di spicco nella reinterpretazione di queste realtà culturali tramite approfonditi studi sulle culture naturaliste e sulla tradizione magica meridionale.


L'uomo moderno ha invece spostato l'attenzione dall'intuizione della coscienza trascesa al mezzo tecnologico con cui compiere l'attraversamento o l'osservazione andando però incontro al dualismo cartesiano e alla concezione deterministica e meccanicistica dei fenomeni, della vita e dello spazio-tempo. L'uomo vive quotidianamente nella realtà di Newton. Ma è questa la realtà? Secondo la scienza moderna, no.

Einstein con la teoria della relatività e Bohr & c. con la nascita della meccanica quantistica hanno scardinato tutto ciò che si dava per vero, per scontato, per assolutamente reale. Spazio e tempo hanno assunto significati completamente diversi, possono essere piegati, fermati, annullati in discontinuità dall'energia e dalla massa, le antiparticelle viaggiano nel tempo negativo, un tachione forse potrebbe muoversi in uno spazio negativo, la teoria della relatività può essere risolta con funzioni di curve spazio-tempo chiuse, in modo che il passato sia anche il futuro, quasi un sistema retroattivo.


La fisica moderna ha dimostrato che la nostra percezione degli eventi non è il punto di vista assoluto, ma che è solo il nostro punto di vista. Nell'indagine della realtà si sono quindi superate da tempo le possibilità immaginarie della nostra mente, almeno della nostra mente ordinaria: verrebbe da domandarsi se il misticismo che accomuna culture differenti lontane migliaia di chilometri e decine di secoli non sia stato (e non sia) solamente un altro metodo per indagare la realtà, un metodo non scientifico e non razionale ma che come vedremo ha raggiunto delle verità non dissimili dalla scienza moderna.


wormhole di Einstein-Rosen tunnel teorico che collega 2 punti spazio temporali più velocemente di quanto si potrebbe fare alla velocità della luce



primo


Ero seduto per terra, vicino al fiume, in una luminosa giornata primaverile. Intorno a me le cime dei monti, ormai spoglie dalla neve invernale, si stagliavano sul cielo limpido. L'aria fresca della sera stava rinfrescando il microcosmo del bosco dall'arsura del sole. Ero lì da ore, in silenzio. Ero intento ad ascoltare i mille suoni, le mille iterazioni generate dalle infinite relazioni fra gli esseri, vivi, che brulicavano, prosperavano o morivano intorno a me. Le apparenti individualità danzavano armoniosamente in un continuo ciclo di fenomeni interdipendenti, dando vita a nascoste dinamiche non lineari, a sistemi autopoietici che esplicavano solo superficialmente la loro bellezza.


“liberi.

ecco, vogliamo sentirci così: liberi.

di pensare, di agire ma anche di sentire, di vivere le emozioni secondo nostra coscienza. liberi dal peso che ci portiamo dentro - tutti, anche se può cambiare il contenuto del fardello che ci trasciniamo - il peso della famiglia, dei condizionamenti, della morale, dell'anti morale, della rabbia o dell'amore.

chi è libero? colui che scende in tutti gli abissi, che rompe tutte le catene, che supera i dogmi sociali, il perbenismo, che a tutto è disposto pur di difendere il proprio agire indipendente? antagonisti, anticonformisti, libertini... sono loro liberi o sono schiavi del proprio ego, della loro ribellione ai dogmi, dei propri desideri, praticamente schiavi della loro libertà?

dimmi tu, monaco, sei tu invece più libero di loro? non hai attaccamento alle cose terrene, hai sopito il desiderio, non hai esigenze, quasi non ti importa della tua stessa vita. ma non sei anche tu imprigionato nella tua etica, nella tua religione, non sei rinchiuso nella botte di Diogene? Non senti il peso dell'osservare le regole che ti sei imposto? è vero, se dentro sei realmente realizzato, potrai dire che la tua è libertà, perchè hai scelto non cosa fare ma chi essere, che le tue apparenti privazioni sono in realtà ciò che vuoi. ma se ammettiamo che anche i primi abbiano coscienza di loro stessi, che abbiamo scelto anche loro, dov'è dunque la verità?

e tu che sei innamorato invece della tua donna, ti senti libero? sei sollevato dal bisogno sessuale, hai affetto, dai e ricevi amore. sei libero dalla solitudine. ma dentro te stesso non ti poni delle domande, non immagini qualcos'altro? riesci a immaginarti per sempre con la tua unica moglie, oppure ancor più difficile riesci a tradirla senza sentimento di colpa? Non ti senti mai imprigionato nelle continue difficoltà del vostro rapporto?

la bella ragazza lì dietro invece, sensuale e viva, passa da un amante all'altro, da una relazione ad un'altra, da un incarico lavorativo ad un altro, vive sola assorta nel suo lavoro, è apparentemente senza paure, emancipata, ma non è anche lei attrice di una scena ciclica, che ripete ormai da troppi anni, tanto ormai da considerarla assodata, reale senza rendersi conto del teatro che di volta in volta imbastisce?

non siamo quindi tutti, infine, prigionieri della gabbia della nostra realtà, della coscienza che ci siamo costruiti esattamente come siamo artefici dei nostri sogni?”


fu allora che il vecchio si fece sentire

“il sentirsi liberi non esiste, è un'invenzione della tua mente, così come il sentirsi prigionieri. esistono invece i fenomeni, le azioni e le conseguenze delle nostre azioni con i moti dell'animo relativi a quello che abbiamo radicato dentro, radicato così in profondità che neanche siamo più in grado di ricordare da dove viene. ma non dobbiamo per questo disperare per le infinite domande irrisolte, per i dubbi che dentro ci attanagliano in alcuni momenti. dovremmo attraversare i nostri anni con serenità, senza rammaricarci per le nostre azioni ma semplicemente amando. guardiamoci adesso, siamo VIVI, non importa ciò che è stato fatto o se fosse giusto, non importa quale tranello ci siamo autocostruiti: abbiamo vissuto quell'esperienza. il passato ci ha arricchito mentre il futuro è ancora da scrivere, inutile immaginarlo. la vita invece è adesso. Sei giovane e la tua mente vola, è normale. Alleggerisciti, smettila di pensare e semplicemente ascolta"