venerdì 8 gennaio 2010

tom


tom avvertiva uno strano senso di ansia mista a disagio. perchè tom? non so, ma quand'ero adoloscente, probabilmente per colpa dei romanzetti inglesi che leggevo da ragazzo, i protagonisti dei racconti che mi balenavano in testa si chiamavano sempre tom. vabbè lasciamo da parte i meta-post e torniamo al nostro eroe, anzi, torniamo con rinnovato entusiasmo al suo malessere inafferrabile e viscerale.

tom vagava in quelle terre da mesi, forse anni. non riusciva neanche bene a delimitare da quanto tempo si trovasse in quella situazione e come questa lo avesse coinvolto emotivamente. forse perchè questo suo turbamento era scivolato lentamente dentro di lui. a poco a poco si era insinuato fra le piaghe della sua coscienza, come un morbo pestilenziale, un odore nauseabondo che inesorabilmente diventa sempre più acuto fino a diventare insopportabile. e l'impossibilità di liberarsene lo faceva ora sprofondare nel panico.

ma da dove veniva quella sensazione? ora lo sapeva con certezza. era giunto in quelle terre, vicine alla frontiera, in cerca di fortuna. aveva alle spalle anni di tumulti e luride avventure sulla costa del Sud e lì pensava forse di trovare un'occasione, una nuova possibilità per dare una svolta alla sua vita. e non era il solo. le zone di frontiera erano piene di gente come lui, sbandati, avventurieri, diseredati che non avendo niente da perdere si erano riversati nelle terre di nessuno. ma lui aveva vivacchiato. sì, era proprio così. gozzovigliava, passava le giornate in espedienti, ora se ne rendeva conto. quell'ansia lattiginosa emergeva dalla quotidianità, dal vedere i cambiamenti intorno a lui mentre lui li osservava senza esserne parte.
aveva visto altri arrivare, magari anche meno furbi, meno svegli, meno portati. altri erano andati avanti, avevano fatto quello che lui avrebbe dovuto fare, avevano costruito il piccolo teatro di cui lui era solo spettatore.

ogni casa costruita, ogni negozio aperto, ogni fattoria gli procurava invidia, solitudine. era come se le occasione spuntassero sì come funghi, ma per uno strano scherzo del destino spuntavano dietro di lui appena era passato, oppure troppo in avanti e qualcun'altro le raccoglieva...

attorno a tom le persone, abili e incapaci, oneste e disoneste, bigotti e criminali, preti e puttane, avevano trovato una loro dimensione, ma lui no. era assorto fra i sui pensieri, bighellonava, sbatteva di quà e di là, trafficava, completamente scostante. e quel vuoto di solidità ora lo aveva assorbito, quell'inconsistenza era diventata essenza stessa della sua carne, quasi si toccava il corpo per tranquillizzarsi sulla sua esistenza.

ma forse, in fondo, la sua vera natura, la sua dimensione, il suo vero posto era proprio quello. il suo ruolo nel teatrino era proprio quello di spettatore, la sua meta era proprio l'attraversare i luoghi e non un luogo stesso. a poco a poco comprese il suo talento, il suo animo trovò pace e lentamente il suo corpo divenne sempre più teneue, la sua figura si avvolse di una leggera aurea, quasi il resto delle persone non lo notavano più, avvertivano tutt'al più la sua rarefatta presenza ma senza afferrarne i contorni. le iterazioni con il mondo erano sempre più rare, sentiva i suoi elementi dissolversi. l'acqua, il fuoco, la terra e il vento che generavano il suo io, inteso come fisicità e mente, si espandevano sempre più nell'aspetto dello spazio, fino a quando, un giorno, tom divenne un soffio vento.

Nessun commento:

Posta un commento